Pratica il silenzio sui social

Copertina Articolo: Silenzio sui Social Media

Le parole sono importanti, posta solo se hai qualcosa da dire.

2022.
Mondo connesso, globalizzazione, allargamento dei confini comunicativi, tecnologia all’avanguardia, accessibilità alle notizie e libertà di espressione (almeno nel nostro fortunato paese). Una condizione all’apparenza idilliaca, dove ogni persona ha lo stesso spazio per sostenere le proprie idee e mettere in campo la propria conoscenza, confrontandosi con persone di tutto il mondo.
Fantastico, no? Ahimè, non proprio.
Questo articolo è nato da un vero desiderio di disintossicazione da un sistema che sta collassando, un sistema, tra l’altro, dentro al quale lavoro – che mi piace veramente tanto – e che penso necessiti di un po’ di silenzio.

Insomma, vorrei lavorare in pace senza dover schivare troll dalla mattina alla sera!

Dalla condivisione all’oversharing.

In questo mondo estremamente connesso si è generata una dipendenza dagli strumenti digitali che più che liberare il pensiero, lo incatena nelle convenzioni e nella necessità di doverci essere a tutti i costi. Anche quando non si ha nulla da dire.
A dispetto della sana condivisione di uno spazio che permette di ampliare le proprie relazioni sociali con il mondo, di rimanere aggiornati e di sfruttare la potenza della rete, assistiamo oggi al fenomeno di oversharing, dove le persone non guardano più alla sostanza della propria comunicazione, ma alla forma. Questo meccanismo, associato alla paura di perdersi qualcosa – la cosiddetta fear of missing out o FOMO – porta costantemente a svilire le discussioni e a svuotarle di significato, creando una società virtuale che parla tantissimo ma non ascolta mai.
E questa tendenza, inutile dirlo, colpisce anche le aziende che, per riempire le loro bacheche, pubblicano contenuti pressoché inutili, il più delle volte svincolati dalla loro attività, dal valore che possono dare alla propria audience e dalla logica strategica.

Sui social bisogna esserci, è vero e lo sostengo con forza.
Ma loversharing è un po’ come mettere il prezzemolo anche sul gelato, solo perché fa scena.

Odio, fake news e complottismo: l’era del “non celo dicono!11!!!!!!!!1!!!!!”

Idee e conoscenza, dicevamo.
Bene, prendi il tuo telefono, entra su Facebook e dimmi quante idee e conoscenza riesci a trovare. Dimmi quanti brand forniscono davvero contenuti interessanti, e quanti invece postano gattini (lo so, sono bellissimi! Tanto da utilizzarli come logo) o ancor peggio mercificano corpi, annientando il pensiero critico (non complottista).
Dimmi anche quante persone commentano le notizie con cognizione di causa, quante sono capaci di dire “non ho un’opinione perché non conosco l’argomento” o quante semplicemente chiedono un chiarimento logico.

Bene ma non benissimo, eh?
Nel 2015, in anticipo rispetto ai tempi, Umberto Eco disse che i social network danno diritto di parola anche agli imbecilli, quelli che prima esponevano la loro opinione solo al bar, senza danneggiare la collettività. Fui in linea di massima d’accordo, anche se ancora non avevo avuto il piacere d’imbattermi in una schiera di complottisti, “virologi”, “allenatori della nazionale” ed esperti di qualsivoglia materia. Determinati a riempire di odio, banalità e false notizie il sistema, relegando il valore in un angolino buio.
Ah, Umberto, che fatica! Non celo dicono!!11!!!, ma tu ce l’avevi detto eccome!

Real time marketing: bene ma senza esagerare!

Oltre alla schiera di normali utenti che catalizzano la loro vita all’interno dei social, inveendo contro chiunque non la pensi come loro, assisto ad una deriva particolarmente preoccupante anche nelle piccole e medie aziende. Se la prima cosa mi disturba ma posso tollerarla, la seconda, visto che riguarda il mio lavoro, non posso di certo ignorarla.
In questo caso l’effetto oversharing riguarda soprattutto quello che le aziende credano sia real time marketing – per inciso, quello vero se fatto bene spacca! – ma in realtà è solo una bella toppa per coprire un notevole buco di contenuto valoriale. Non so cosa postare? Faccio un meme, parlo della notizia del giorno o della sig.ra Adalgisa che ha attraversato il Piemonte in sella ad un mulo.
Va benissimo cavalcare l’onda delle ultime notizie o avvenimenti, ma solo se queste rientrano davvero nella propria sfera, o hanno un collegamento forte, anche se inusuale, con il proprio business che, ricordiamoci, ha un’immagine da mantenere.
Non credi anche tu che il salumiere, invece di fare un post commemorativo di Luis Sepùlveda con un bello sfondo di salsiccia e castrato, farebbe meglio a scegliere il pulsante del silenzio?

Parole d’ordine: silenzio e dialogo costruttivo.

Vero, la mia sembra una polemica senza fine.
In realtà è un grande attaccamento alla potenza delle parole che esprimiamo, al loro significato, alla bellezza di un dialogo costruttivo esente da pregiudizi e cattiveria. Anche sui social.
Come nelle nostre vite parliamo se abbiamo qualcosa da dire, perché non dovremmo fare lo stesso sui social che sono il riflesso di questa vita?
Parlare solo quando abbiamo qualcosa di veramente interessante da dire ci rende affascinanti e spinge le persone a cercare i nostri contenuti perché sanno che saranno certamente di valore. Se non troveranno nulla, aspetteranno con ansia di sapere quando finalmente apriremo un dialogo costruttivo su un particolare tema.
La paura che spinge invece a sovraesporsi è quella di essere dimenticati, ma pensaci bene: ti sei mai dimenticato di una frase o un discorso brillante? Di un’analisi lucida e comprensibile di un tema? Di un confronto?
Parla, racconta storie, coinvolgi le persone creando un sistema di condivisione autentica e prenditi i tuoi spazi di silenzio. Il tuo business ne gioverà.

Vuoi una mano a costruire una strategia digitale coerente ed efficace, senza cadere nelle trappole dell’oversharing?
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