Resoconto CreativeProShow 8 ~ Infinity

Ho iniziato a parlare del Creative Pro Show su questo sito alla sua sesta edizione. Ho proseguito con il Master Class di Tomas Muller, aggiungendo anche un’auto intervista su le tre giornate della settima edizione (sia Roma che Milano), concludendo con questa richiesta di aiuto su Starrify per quanto riguardava il Summit delle menti più pericolose, creativamente parlando, del panorama internazionale.
Ora ho una domanda da porvi, giusto perché ho il tremendo sospetto di non essere stata abbastanza chiara: avete capito se mi piace il Creative pro Show oppure no?
Tranquilli, ecco a voi l’ennesimo post che vi farà chiarezza in merito.
Prima di cominciare, anzi, dopo aver letto l’articolo tornate qui e cercatevi su Google: Philipp Rupprecht ~ Cristiano Rinaldi ~ Fabio Timpanaro ~ Ilya Ratman ~ Eolo Perfido ~ Fabiola Torres ~ Yasid Oozeear ~ Armando Gallo & Marco Olivotto. Loro erano i relatori di questa ottava edizione: eccezionali, non è vero?

Cos’abbia appreso al CPS quest’anno è racchiuso in oltre 10 pagine di appunti ma non starò a elencarvi qui le tecniche o i trucchi appresi. Sicuramente troverete articoli sul genere decisamente migliori di quello che potrei fare io. Il Creative Pro Show è uno di quegli eventi che si spiega da solo. Se si è un creativo che si occupa di Fotografia, Illustrazioni Digitali o, semplicemente, un Freelancer in ambito Web, non si può non essere entusiasti all’idea di parteciparvi almeno una volta.
Io voglio parlarvi di altri aspetti.

Voglio parlarvi di me in rapporto a questo evento, di come sabato sera fossi molto vicina al mollare l’idea di essere Freelancer qui in Italia e di come in sole 48 ore tutto mi si è ribaltato e ritorto contro nemmeno avessi messo le mie idee dentro una lavatrice con la centrifuga a 1200 giri.

Avendo partecipato già a due giornate del CPS ero pronta a l’effetto montagna russa emotiva: dove si parte entusiasti a mille e si arriva a essere i ragazzi immagine per il Prozac. Si vedono lavori incredibili, i relatori hanno il dono di rendere semplice anche la cosa più complicata, e tutto sembra meravigliosamente bello e facile. Poi si torna a casa, si riguardano con attenzione gli appunti… E ci si rende conto che non erano poi così semplice come si credeva.
Dopo scattano le paranoie, quelle domande che ci assillano – a me capita sempre – giorno e notte. Dubbi e incertezze che se solo potessero ci mangerebbero vivi.
Ma il Creative Pro Show è anche questo.

Quello a cui non ero preparata era la capacità di alcuni relatori e di alcuni Freelancer, durante il salotto creativo di sabato sera, di bussare al mio subconscio e tirare fuori i mostri che con tanta pazienza e perizia avevo relegato a un anfratto piccolo, buio – e umido, perché mi stavano antipatici – della mia mente.
Credo che ci sia stato un momento in cui avrei voluto sbattere la testa sul tavolo, tanto forte da lasciarci un Selfie di Disperazione impresso sopra. Ma eravamo quattro gatti, avrei di certo attirato l’attenzione e avrei dovuto spiegare perché tentavo di scavare una buca attraverso la moquette della sala.
Mi sono tenuta tutto dentro, ho preferito rimanermene in silenzio a far fermentare tutti quei mostri che amano farmi compagnia, dato che ormai si sono affezionati a me.
(E io a loro, anche se non so da quale verso sia partita la Sindrome di Stoccolma, ma credo da ambo i lati).
Ho perfino ricercato su Google (che ricordo volentieri ai miei lettori che è gratuito, non ha limite di caratteri e non vi manda a quel paese se ponete le domande più idiote) i sintomi della sindrome Bipolare, tanto il mio umore ha cambiato in maniera repentina. Il responso è stato uno: non ero bipolare, ma semplicemente scema.

Prima che vi faccia addentrare nei meandri del problema del Freelancing e dell’Italia, vorrei potermi soffermare su un’altra problematica che mi urta sensibilmente il sistema nervoso a questi eventi: l’arroganza e la maleducazione di alcuni individui del pubblico. Ora, non parlo del pubblico nella sua totalità, ho incontrato e parlato con tantissime persone eccezionali, ma come a ogni evento che si rispetti c’è sempre: il cafone, il saccente, e quello che deve dimostrare di valere più del relatore di turno. E non lo dico solo per eventi come il CPS ma anche in altri workshop o conferenze. Ci sono stati un paio di episodi e commenti in queste due giornate che mi hanno fatto venir voglia di prendere il pallone anti-stress che Martin ci ha mostrato sabato mattina e soffocarci alcune persone.

Il primo commento che mi ha fatto alterare è stata la domanda “Ma quando si Mangia” fatta da qualche bontempone quando uno dei relatori, Philipp se non sbaglio, aveva chiesto se qualcuno avesse domande. Io gente di questo tipo non l’ho mai sopportata nemmeno alle medie, figuriamoci a un evento del genere, con tanto di ospite internazionale. Hai fame? Ottimo, non mi pare che fossimo incatenati alle sedie, alza il sedere ed esci a prenderti un panino.
Altri commenti che ho sentito di sfuggita, sono stati riguardanti la qualità “Altalenante” di questo Creative Pro Show. Ci ho messo un po’ a comprendere il genere di commento: che voleva dire? Che non erano tutti di massimo livello? Non so cosa intendessero quelle persone, io ho trovato tutti gli interventi bellissimi, alcuni mi erano più congeniali mentre altri no, ma perché trattavano argomenti che mi interessavano meno. Ma da quello al giudicare di scarso livello alcuni relatori ce ne vuole. Magari non tutti hanno concesso tecniche magiche al pubblico, ma sfido chiunque dei presenti nel mostrare i propri lavori e confrontarli con quelli del relatore.
Umiltà. Serve umiltà. E ne serve veramente tanta. Perché criticare un relatore, o cercare di metterlo a disagio con domande e commenti palesemente provocatori, non ha senso. Sei una persona così piccola che deve gonfiare il proprio ego davanti a una platea di tuoi colleghi?
Sì, sono categorica, e lo spiego per quelli che magari non c’erano, oppure erano presenti e non hanno pensato niente di tutti ciò. Non sono una freelancer, non ancora, ci sto seriamente pensando (e cambiando idea, come avete letto qualche riga sopra), e quando succedono episodi come questi elencati mi domando una sola cosa: avere una carriera di successo, avere un proprio studio fotografico o un’agenzia o semplicemente accumulare anni da freelancer alle proprie spalle fa di tutti delle persone boriose?
La risposta è no, dipende molto dall’indole della persona. Perché ho avuto a che fare con grandi artisti, non solo i partecipanti al CPS in questione, e sono tutte persone squisite e disponibili, sono i primi che ti insegnano che essere umili è una dote da non sottovalutare. Immagino che alcuni di voi storcano il naso alle mie affermazioni, però alla fine se non siete d’accordo ci sono due modi in cui risolvere la cosa: lasciare un commento e illustrarmi la vostra visione della cosa, oppure cliccare la piccola X rossa in alto a destra (se avete Windows, altrimenti a sinistra) e continuare con la vostra vita.

A parte questi piccoli nei, che sono semplicemente qualche pixel bruciato in uno schermo da 70”, posso ora concentrarmi sulla cosa che invece ho amato di più. Il fatto che queste due giornate abbiano stravolto in pieno le mie convinzioni, rimettendo in ballo elementi che avevo dato per persi, obbligandomi a sentire lungo la schiena quel brivido di chi ha di nuovo davanti a sé un nuovo percorso. Altre possibilità che si pensavano perse o inadatte.
Non so se lo avete capito: sono una che pensa e ripensa alle cose mille volte. Le analizzo fino a scomporle in piccole parti per poi riassemblarle. Questo procedimento non è un ciclo unico. Ho schemi, liste, studi, articoli e perfino libri. Quando una cosa mi piace e appassiona, io la studio fino allo sfinimento. Ed è proprio questo che mi ha spinto a creare siti, usare Photoshop e conoscere il Web. E tantissime altre cose.

Innanzi tutto vorrei ringraziare Cristiano Rinaldi che ha aperto il CPS sfatando uno dei tanti miti che ci sono oggi: l’essere specialista in un’unica cosa. In questa era di cambiamento, dove la comunicazione è cambiata, i tempi accorciati e le distanze sparite, non si può più pretendere il livello di specializzazione che si aveva anni fa. Non in termine di conoscenza ma di raggio di portata. Un fotografo era solo un fotografo, ora come minimo deve essere anche ritoccatore e a volte pure grafico. E così un Digital Artist deve ampliare le proprie capacità e stare al passo con i tempi. Questa cosa mi ha colpita in maniera impressionante. Mi sono sempre trovata stretta nella classica concezione che i tuttologi non esistono, e quando sfoderi più di un asso nella manica subito cominci non solo a farti mille problemi, ma hai paura di rientrare nella categoria di chi è tutto fumo e niente arrosto, invece con lui arriva un nuovo punto di vista e una nuova prospettiva. Basta dimostrare di saperle fare quelle cose.

Gli interventi mi sono piaciuti tutti, alcuni più di altri ma semplicemente perché non si allineavano con quello che faccio o che vorrei fare. La cosa interessante di un evento come questo è il riuscire a trarre il meglio anche da chi lavora in un ambito totalmente differente dal tuo. Ti aiuta ad avere una panoramica a 360° su tutto quello che è l’universo artistico creativo.
Quest’anno la cosa che più mi ha colpita è stato il messaggio trasmesso da i vari relatori. La base è sempre la stessa: la perseveranza nel perseguire questa carriera e il proprio stile personale. A questa edizione c’è stata una ventata d’aria fresca, perché quello che ho recepito è anche di tralasciare la tecnica e seguire il proprio istinto. Perché sinceramente ti si apre il cuore e la testa ti si riempie di idee quando vedi una Fabiola Torres che crea capolavori senza quasi conoscere la parte tecnica, senza un’attrezzatura da millemila miliardi di euro, e che riesce a realizzare foto di alta moda che molti possono solo cercare di copiare senza successo. Il suo intervento è stato quello che più mi ha scombussolata. Ci ha messo tutti quanti con le spalle al muro e ha dimostrato che non serve nascondersi dietro corsi, dietro la tecnica o chissà quali altre scuse. Bisogna semplicemente agire, e con l’esperienza dei famosi diecimila scatti diventare padroni di quello che si vuole fare. Le sue parole, la sua storia e il suo modo di lavorare mi hanno lasciata un fuoco dentro che ancora brucia ardentemente. La stessa cosa ha detto Fabio Timpanaro (tra l’altro io e Alessia siamo già in prima fila per un suo eventuale workshop): solo producendo tantissime illustrazioni una dopo l’altra si riesce ad affinare la propria tecnica e trovare un proprio stile. Poi lui + una persona eccezionale che quando gli ho detto “Ti ho stalkerato – professionalmente parlando – su ogni social network possibile, si gira sorride e dice ‘Anche io lo faccio con gli artisti che mi piacciono’.

Una novità introdotta quest’anno è stato il “Salotto Creativo” il sabato sera, dove ci è stato offerto un buffet con tanto di bibite da parte dello Staff, dove si è svolto una sorta di “Botta e Risposta” tra Freelancer. Dove alcune persone con anni di esperienza alle spalle hanno trattato argomenti molto importanti. Dipingendo un quadro italiano che è molto più simile alla Guernica di Picasso rispetto a qualche paesaggio di Manet o Monet. Una situazione che non mi è mai piaciuta, soprattutto perché basta mettere il nasino fuori dall’Italia per capire che ci sono a volte più opportunità con una burocrazia che non ti strozza e non cambia ogni sei mesi. Non sono intervenuta, non avevo molto da dire, ma ho ascoltato tutto attentamente e ci sto riflettendo da oltre una settimana. E una delle domande mi sono posta a fine serata è stata: ma la Freelancer la voglio proprio fare? E sopratutto: farla in Italia?
La risposta ancora non è chiara, ma queste due giornate hanno veramente messo in ballo tantissime nuove cose, sulle quali una riflessione è d’obbligo.
La parte che mi ha fatto veramente sorridere è stato l’intervento dei ragazzi di StopDown Studio che hanno una tecnica meravigliosa per creare networking e nuovi agganci: quella di rompere le scatole ai relatori, parlarci non aver paura e avere la faccia di bronzo. Una filosofia lavorativa che mi ha subito ispirato, che si discosta da quello che farei io, timida che preferirebbe confondersi con la carta da parati piuttosto che importunare le persone. Ma capisco perfettamente la logica dietro a quello che hanno detto, e comincerò io stessa a fare così. Perché fondamentalmente dietro uno scambio di idee o semplici chiacchiere può nascere un qualcosa di incredibile.

Concludendo, questo breve e sintetico reso conto non posso far altro che rinnovare il mio amore e l’entusiasmo per l’evento, e attendere con ansia la nona edizione. E in fine ringraziare tutto lo staff che come sempre ha fatto un lavoro eccezionale per entrambi i giorni.
Me ne torno ai miei progetti, alle riflessioni e alle nuove idee (ancora più confuse di prima – YAY -), con una marcia in più di sicuro.

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